Un weekend in camper a Macugnaga con un amico ci ha portati a salire fino al rifugio Zamboni, in mezzo a ghiacciai in scioglimento, ghiacciai ancora “in forma” e più neve del previsto!

Ecco il link ai dettagli del percorso.

Lunghezza: 7,6 Km;
Durata: 4h, con pranzo al sacco;
Dislivello positivo: 174m;
Dislivello negativo: 706m;

La partenza in seggiovia

Siamo partiti da Macugnaga (frazione Pecetto). In fondo alla strada si trova un grosso parcheggio a pagamento, dove parte la seggiovia che porta all’Alpe Burki e, successivamente, al Belvedere.

Sì, va bene, un vero escursionista non avrebbe preso la seggiovia a salire. Ma nell’ultimo mese ho avuto svariati problemi di schiena e ho preferito saltare la parte maggiore di dislivello positivo per godermi la camminata in quota in relax!

Il ghiacciaio Belvedere

Arrivati al Belvedere il panorama inizia a farsi interessante. Guardando verso il fondo valle si vede Macugnaga, composta da tante casette indipendenti in legno e pietra, in classico look alpino. Guardando a monte, invece, si vede il massiccio del Monte Rosa, decisamente imponente e attraente. Ci spostiamo subito a ridosso del ghiacciaio Belvedere per vedere con i nostri occhi gli effetti del riscaldamento climatico. E’ detto ghiacciaio nero perché è uno dei pochi ricoperto da detriti rocciosi ed è, purtroppo, in continuo scioglimento.

Iniziamo a camminare

Il meteo non è ben chiaro; ci sono nuvole ma il sole cerca di uscire e scalda parecchio. Anche la gente è confusa: c’è chi va in giro con pantaloncini e maglietta, chi con felpa e piumino. Le previsioni davano 4 gradi, così anche noi siamo partiti con una giacca pesante. Peccato che dopo 5 minuti di cammino la giacca sia diventata solo un peso in più nello zaino.

Il paesaggio intorno a noi è davvero incredibile. Il massiccio del Monte Rosa ci avvolge e noi ci ritroviamo a camminare continuamente con lo sguardo verso i monti innevati.

Il percorso fino al rifugio Zamboni non è particolarmente impegnativo ma la gli effetti di questa primavera fredda e piovosa si vedono verso la fine del tragitto. Ci ritroviamo a camminare in mezzo alla neve, senza avere scarpe alte. Le parolacce si sprecano, non tanto per la difficoltà, quanto perché la neve tende ad entrare nelle scarpe, regalando una sensazione di “bagnato/freddo” che ci accompagnerà fino al rifugio.

Rifugio Zamboni

Arrivati al rifugio scopriamo che è chiuso. Ottimo! Fortuna che abbiamo con noi un pranzo al sacco. Ci sediamo a mangiare su delle rocce che spuntano dalla neve, mettendo ad asciugare al sole i calzini umidi.
Nella pausa facciamo conoscenza con Francesca, una ragazza milanese che troviamo seduta a mangiare in contemplazione del massiccio.

Rifugio Zamboni

Lo spettacolo intorno a noi è mozzafiato. I dialoghi si interrompono a tratti per godersi il silenzio del luogo, interrotto solo dagli uccelli e dal crollo sporadico di alcuni blocchi di neve del massiccio.

Ci troviamo a 2070m s.l.m. Davanti a noi abbiamo la parete orientale del Monte Rosa che arriva fino a circa 4600m s.l.m. Non sono un genio della matematica, ma mi rendo conto che la parete che ho davanti ai miei occhi va ben oltre ai 2000m: incredibile!

Finito il pranzo saliamo ancora un po’ in quello che d’estate dev’essere un grosso prato verde con un laghetto nel mezzo. Cerchiamo di non riempirci troppo di neve nel perlustrare la zona e poi torniamo davanti al rifugio, per goderci una mezzora di silenzio e sole. Tanto sole. Troppo sole. Da bravo furbo quale sono non ho portato la crema protettiva e la sera, in camper, mi ritroverò con la faccia completamente ustionata.

Il percorso fino al rifugio Zamboni non è particolarmente impegnativo ma la gli effetti di questa primavera fredda e piovosa si vedono verso la fine del tragitto. Ci ritroviamo a camminare in mezzo alla neve, senza avere scarpe alte. Le parolacce si sprecano, non tanto per la difficoltà, quanto perché la neve tende ad entrare nelle scarpe, regalando una sensazione di “bagnato/freddo” che ci accompagnerà fino al rifugio.

Ghiacciaio Belvedere

Il rientro

Dopo aver fatto asciugare di nuovo i calzini tecnici di Daniele marchiati “Metallica“, ci rimettiamo in cammino. Stavolta niente seggiovia, siamo pronti a romperci le gambe in discesa percorrendo quelle che sono le piste invernali da sci.

In effetti il percorso va via via peggiorando, lasciando i monti bianchi alle spalle, e infilandosi in mezzo ai monti, con ben poco panorama. La pendenza è importante e il terreno, a tratti, è fatto di pietre che rendono più complessa e scomoda la discesa.

Nel giro di un paio di ore, arriviamo al punto di partenza, dove abbiamo parcheggiato Tuco. Le gambe e le ginocchia sono un po’ indolenzite ma la soddisfazione è tanta e il voto finale della giornata è al top. Un paesaggio così ti riempie gli occhi e il cuore!

Lago d’Orta – Orta San Giulio

Il lunedì ci svegliamo pronti a partire per il lago delle fate, ultima meta prima del rientro a casa. Peccato, però, che il meteo non sia dalla nostra. E’ tutto coperto, la notte ha piovuto e pioviggina ancora a tratti. Ci facciamo ancora un giro in paese e, per l’ora di pranzo, decidiamo di scendere in giù, mangiando sul lago d’Orta al volo. Il paese dove ci fermiamo è Orta San Giulio, effettivamente molto carino. Tempo di fare un giro e ripartiamo al volo verso casa, concludendo questo weekend lungo.

In conclusione

Andateci! E’ un posto magnifico che vi emozionerà, senza dubbio. La seggiovia può aiutare chi ha problemi o non ha allenamento per camminare. Il percorso non è impegnativo, ma sicuramente è bene essere un po’ preparati a camminare e avere un minimo di abbigliamento tecnico, senza dubbio delle scarpe adeguate. Capita a tratti di camminare su pietraie, quindi consiglio anche degli scarponi alti.


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